Essere o non essere, questo è il problema!

Lo sapeva bene il buon vecchio William; e non è una semplice frase da copione shachesperiano: è una domanda esistenziale, anzi, se vogliamo dare un senso alla nostra vita, è LA DOMANDA per eccellenza.

Ciò che facciamo è un riflesso di chi siamo, una forma, ma, quotidianamente occupati in mille cose, dimentichiamo chi siamo e inconsapevolmente ci immedesimiamo in ciò che facciamo, pensiamo, rappresentiamo.
Sono casalinga, sono ingegnere, sono disoccupato sono uno studente, sono ricca, sono povera... così come: sono ribelle, sono generosa, sono intellettuale, sono meditativa, sono giovane, sono vecchia - e via andare - sono ruoli in cui ci identifichiamo costantemente ma non sono chi noi siamo.

In qualche modo ci rappresentano ma sono solo alcuni aspetti di noi (infatti potremmo essere più cose nello stesso istante). Chi siamo è molto più complesso e affascinante, eppure la forma ha il primato rispetto a tutto il resto.

Se, presentandomi, ti dicessi che sono counselor (ammesso che tu sappia cosa sia perché in Italia è una professione quasi sconosciuta che ogni volta devo spiegare) ti darei semplicemente l'informazione riguardo il lavoro che svolgo.
Se ti dicessi che sono mamma creerei in te un'immagine di donna accompagnata da uno o più figli, se invece dico che sono nonna allora mi immagineresti un po' vecchietta, con le rughe e con gli occhiali, alle prese con libri delle favole e giochi infantili ormai difficilissimi per una della mia età.
E ancora: se ti dicessi sono una tipa un po' timida potresti farti un'idea particolare di me, ma in certi casi sono anche aggressiva e l'immagine che ti eri fatta un'attimo fa svanisce e se ne va.

Potremmo andare avanti all'infinito, perché, vedi, posso essere tutto e nulla di ciò che ho appena affermato.
In realtà ciò che ti ho dato sono semplici informazioni, in-forma-azioni, ovvero azioni nella forma, in altre parole: cose che faccio (il counselor, la mamma, la nonna, mi intimidisco e qualche volta aggredisco).
Ahhhh la forma! Siamo sempre lì: la forma.

Ma andiamo avanti:

fornendoci la possibilità di un'identità ben precisa, ci immedesimiamo in essa e ci comportiamo in base alla sue caratteristiche anche quando non vorremmo.

Queste caratteristiche (o ruoli), infatti, essendo riconosciute all'esterno - più o meno apprezzate da chi ci circonda - diventano la nostra immagine... ma un'immagine è di per sé una rappresentazione, qualcosa riflessa e statica che dovrebbe svanire nel momento in cui ci allontaniamo dallo specchio (gli altri), eppure, fedeli a quell'immagine esteriore, aderiamo totalmente ad essa facendola diventare interiore, perdendo creatività e fluidità nel vivere.

Chi si sente ribelle, per esempio, si relaziona in molte situazioni in modo critico e un po' aggressivo, e il generoso è accogliente e amorevole anche quando non sarebbe il caso.
Ribellione e generosità sono solo due aspetti che tutti possiamo provare o avere provato, per cui parte dell'esperienza di vivere e non dimensioni assolute. Invece, essendo stati riconosciuti come tali fin da bambini - in molte circostanze, da molte persone e soprattutto dai nostri genitori - si è talmente identificati in quel ruolo fino a credere di doverlo essere sempre.
Il ribelle raramente si concede la possibilità di essere accogliente e affabile, e il generoso di mostrare il proprio lato vulnerabile capace di chiedere aiuto e sostegno.

In altre parole: fin dall'infanzia abbiamo dato più importanza a COME siamo percepiti all'esterno piuttosto di CHI siamo autenticamente e questo perché ci è stato insegnato a prenderci più cura e a fidarci della forma, che in realtà è solo un vestito, una maschera, che indossiamo ogni giorno per assicurarci identità, amore e valore.
Immedesimandoci nella forma abbiamo perso la curiosità di conoscerci realmente e di realizzarci autenticamente.

Seguiamo le mode, cioè le aspettative e le abitudini degli altri, per sentirci parte di un gruppo, di una famiglia, della società.
Ci adattiamo. Ci svendiamo. Ci manipoliamo e ci castriamo.
Ci camuffiamo e ci illudiamo di poter essere riconosciuti e tenuti in considerazione.
Facciamo tutto questo in nome dell'amore che cerchiamo e che profondamente ci sentiamo negato dimenticando di volgerlo verso di noi e di esprimerci nella nostra grandiosità e unicità.

Quindi attenzione: non definire mai i tuoi figli secondo un loro aspetto emozionale o sociale e, soprattutto, non in loro presenza. Se per esempio noti in loro un certo livello di ribellione e lo vuoi analizzare e comprendere meglio - col tuo compagno, con i suoi insegnanti, con un consulente, con i nonni, con le amiche, ecc. - non farlo mai davanti a loro. Troppe volte ho visto e sentito mamme, in conversazione davanti alle scuole, dare ai propri figli presenti ogni tipo di appellativo senza rendersi conto dell’impatto che questo può avere su di loro. Convinte di non essere ascoltate, inconsapevolmente, seminano e coltivano in loro l’idea di essere proprio quel certo tipo di persona, accentuandola ancor di più. Infatti, oltre a sentirsi incompresi e giudicati davanti ad altri, i figli in questione potrebbero ribellarsi maggiormente.

In realtà la loro ribellione ti sa mostrando che qualcosa non funziona come vorrebbero: è la forma che hanno escogitato per chiedere aiuto in determinate situazioni, non contro di te o contro il mondo e, comunque, non un tratto assoluto del loro essere. Inoltre, sentendosi appellare in quel modo perentorio, li legittima ad essere ribelli in qualsiasi situazione in cui compare in loro ansia o stress.

Allo stesso modo, non farlo neppure quando il giudizio verso tuo figlio ha una “valenza positiva” come ad esempio l’essere generoso. Sentendosi considerare tale, si comporterà generosamente anche quando non è opportuno; svilupperà ad esempio l’idea che l’altro sia più importante di lui, quindi si farà generosamente da parte e rinuncerà al proprio potere personale per ricevere l’attenzione e la considerazione di cui ha bisogno. Tale comportamento segue una forma di pensiero inconscio del tipo “se sono generoso mi amerai” inibendo la possibilità di affermare se stesso quando è necessario.

Una persona non è ribelle in assoluto e non è generosa in assoluto, ma il gioco che può crearsi con tali affermazioni e giudizi, apparentemente innocui ma altamente manipolativi, mette a rischio l’evoluzione armonica dei tuoi figli.

In questa rubrica di #genitorieducatoriconsapevoli percorriamo una strada a due corsie: una rivolta a noi come individui e una rivolta al nostro compito di genitori.
Perché per essere genitori o educatori consapevoli dobbiamo essere individui consapevoli.
Alla fine di ogni articolo ti invito all'esplorazione di te suggerendoti alcune domande perché - sono convinta, l'ho fatto e lo faccio anch'io - è l'unico modo che hai per far emergere chi sei e per dichiarare il tuo valore.
Puoi essere d'accordo con me o no, per cui sii autentico/a e aperto/a a ricevere i miei suggerimenti ma sii anche indipendente e coraggioso/a nel trovare e affermare la tua risposta.
Analizza alcune situazioni in cui ti sei sentita incastrata in un ruolo o in una forma:
  • come ti sei sentita/o?
  • Cosa avresti voluto fare o come avresti voluto essere percepito da chi ti stava di fronte?

Trova un posto tranquillo e analizza te stessa. Se vuoi - e questo è il miglior metodo che puoi trovare - prendi un quaderno e scrivi, una sorta di diario in cui organizzare i tuoi dubbi e le tue risposte.

Una volta che hai esplorato te stessa/o osserva i tuoi figli o allievi:

Analizzati con sincerità e apertura. Nessuno è perfetto: siamo qui per imparare e per crescere insieme.Se hai un account fb e, se sei un genitore, un educatore, un insegnante o un operatore del benessere puoi chiedere di iscriverti al gruppo Genitori ed Educatori Consapevoli e partecipare al Progetto Pane Amore e Consapevolezza.

Uno stato d'animo scomodo, la sofferenza

Vediamo insieme da dove nasce e come superarla.
Sono molte le situazioni che ci fanno soffrire:
... la lista è lunghissima e possiamo andare avanti all'infinito, ma...
c'è un ma: tutte hanno qualcosa in comune: quella sensazione di non essere compresi, considerati o amati come desidereremmo.
In altre parole: soffriamo quando ci sentiamo sminuiti o non riconosciuti nel nostro valore.
Per tutti (chi più chi meno) è automatico considerare/percepire il proprio valore in base alle risposte che riceviamo dall'esterno rispondendo a convinzioni limitanti del tipo: se mi vedi, se mi consideri, se mi stimi, se mi ami io valgo. Di conseguenza, se ciò non accade, è perché non valgo abbastanza o, addirittura, nulla.
Quindi non solo soffriamo perché l'altro non riconosce il nostro valore ma perché noi stessi lo mettiamo in discussione.
E' più difficile, infatti, sentirsi potenti e magnificenti quando l'altro non ci riconosce.
E' vero? Sei d'accordo?
Beh, credo proprio di sì.
Ciononostante vorrei che prestassi attenzione al fatto che tu un valore ce l'hai indipendentemente da ciò che pensano gli altri e da ciò che da loro ricevi.
Ce l'hai per diritto di nascita e, se non ci credi, prova a guardare tuo figlio o un bambino qualsiasi:
pensi che abbia un valore intrinseco o no?
E se sì, per quale motivo tu, adulto, non lo avresti?
Sei stato un bambino anche tu, no? Quindi, come lui, hai valore!
Ed è qui l'inghippo: la causa principale della nostra sofferenza non dipende propriamente dalla situazione che stiamo vivendo o dalla risposta esterna che stiamo ricevendo, ma dallo scollamento dal nostro valore.
In altre parole, la causa principale della nostra sofferenza è la separazione da quella parte di noi autentica, intima e vera che vive e manifesta valore indipendentemente dal mondo esterno: l'Essenza.
Educati fin nella culla a dover dimostrare qualcosa per essere visti e amati, abbiamo perso il contatto fluido con lei e con le sue/nostre doti e qualità autentiche.
Sforzandoci di diventare qualcuno in base a determinate convinzioni personali o di apparire come gli altri si aspettano - invece di espanderci nell’essere chi siamo - abbiamo messo nelle mani dell'altro il nostro valore e, se l'altro a un certo punto se ne va, se lo porta via.
Non ti è mai capitato di sentirti inutile, incapace, non importante, non amabile - se non addirittura indegno/a - in seguito a una separazione o semplicemente a causa di una litigata o una divergenza di opinioni?
A me è capitato molte volte, purtroppo. Sì, molte volte nella mia vita ho creduto di non valere perché l'altro aveva smesso di amarmi o di considerarmi, come se dal suo amore e della sua considerazione dipendessi io, dipendesse chi sono.
Per concludere:
non è il diniego o la separazione dall'altro che ci fa soffrire, non è la situazione specifica che stiamo vivendo in relazione all'altro, ma il diniego e la separazione che noi stessi compiamo su di noi disconoscendo il nostro valore e quindi l'Essenza.
Come sempre ti invito all'esplorazione perché è l'unico modo che hai per far emergere chi sei e per dichiarare il tuo valore.
Puoi essere d'accordo con me o no, per cui sii autentico/a e aperto/a a ricevere i miei suggerimenti ma sii anche indipendente e coraggioso/a nel trovare e affermare la tua risposta.
Analizza alcune situazioni in cui hai sofferto:

Trova un posto tranquillo e analizza te stessa, se vuoi - e questo è il miglior metodo che puoi trovare - prendi un quaderno e scrivi, una sorta di diario in cui organizzare i tuoi dubbi e le tue risposte.

Se sei appena arrivata/o in questa rubrica di #genitorieducatoriconsapevoli ti chiederai perché ti parlo di questi argomenti invece di educazione.
Perché per essere genitori o educatori consapevoli dobbiamo essere individui consapevoli.
La strada che percorriamo è in realtà un binario: su uno poniamo noi stessi e la nostra espansione, sull'altro il nostro essere genitore o educatore.
Per cui, una volta che hai esplorato te stessa/o osserva i tuoi figli o allievi:
In base alle risposte che hai trovato vai oltre e chiediti:

Scrivile qua sotto, se vuoi, così possiamo instaurare un dialogo costruttivo.Se hai un account fb e, se sei un genitore, un educatore, un insegnante o un operatore del benessere puoi chiedere di iscriverti al gruppo Genitori ed Educatori Consapevoli e partecipare al Progetto Pane Amore e Consapevolezza.

I nostri figli e allievi sono grandi maestri e dovremmo imparare da loro

L’ho sentito dire molte volte, ma è vero? Riflettiamo insieme.

Imparare, per un bambino significa diventare autonomo, crescere ed essere un individuo indipendente,

per uno studente: acquisire cognizioni e conoscenze attraverso lo studio e l’esercizio;

nel lavoro: apprendere metodologie che ci permettano di svolgere una determinata azione e attività;

nelle relazioni: rendersi capaci di percepire i propri impulsi e di seguire un determinato comportamento utile all’espansione del reciproco sentimento e della reciproca fiducia

e molto altro ma, secondo te, cosa accomuna tutte queste azioni?

Secondo me è l’esperienza: essere al centro dell’esperienza.

Imparare significa apprendere qualcosa mediante l’esperienza.

Quindi la prima cosa da fare per imparare è rivolgere l’attenzione a noi stessi, a cosa stiamo sperimentando attraverso l’incontro con l’altro.

Non è l’altro che ci insegna qualcosa; l’altro ci mette a disposizione le proprie conoscenze e il proprio modo di viverle, ma siamo noi a imparare attraverso la nostra esperienza.

E questo dove ci porta?

Ci porta a osservare quell’affermazione iniziale da una diversa prospettiva:

non sono loro a insegnarci  qualcosa ma noi ad apprendere quel qualcosa ponendoci in una dimensione di apertura e di osservazione utile alla nostra e altrui crescita.

Se poi vogliamo andare più in fondo, vedremmo chiaramente che questo non è un apprendere qualcosa che non conosciamo (non stiamo parlando di nozionistica ma di relazioni, è chiaro vero?) ma è più un ricordare e mettere in pratica ciò che già ci appartiene e che abbiamo un po’ dimenticato: la nostra Natura Essenziale, chi siamo autenticamente, ovvero tutte le nostre doti e talenti individuali e, permettimi, universali.

Il processo evolutivo, potremmo dire, è il passaggio dall’inconsapevolezza di chi siamo alla consapevolezza di ciò che già siamo nel profondo del nostro essere.

Non è una cosa da poco e non è semplicistico: è, potremmo dire, il senso autentico della vita, il mistero che, come esseri umani, siamo chiamati a svelare e a realizzare.

Ognuno di noi è venuto al mondo dotato di molteplici qualità che, nel mondo spirituale e intimo, chiamiamo Essenza.

Gioia, Creatività, Coraggio, Vulnerabilità, Volontà, Fiducia, Amore incondizionato, Compassione, Innocenza, Integrità, Pace, Immensità, e molto altro, sono tutti aspetti di quell’Essenza di cui tutti siamo dotati.

Ma torniamo da dove siamo partiti:

Cosa ci può insegnare / far ricordare di noi un bambino dai 0/3 anni?

Molto, ti assicuro, moltissimo: loro non hanno ancora i filtri che abbiamo noi e sono decisamente più in contatto con la propria vera natura e quindi sono più autentici di noi.

Un bimbo piccolissimo è curioso, per lo più gioioso, appassionato alla vita e all’esplorazione di sé e del mondo.

E’ mosso dal desiderio della scoperta: è il piacere stesso della scoperta. Non si cura di dover essere in un certo modo, non sa nemmeno cosa significhi essere composto o educato. Un bimbo piccolissimo si lascia affascinare totalmente da qualcosa, la esplora finché questa gli da piacere e poi si volge repentinamente verso qualcos’altro. Non sa cosa sia la metodicità: è totalmente immerso nell’esperienza del momento e, un po’ come un animaletto, non ha ancora il concetto astratto del tempo e dello spazio. Vive indiscutibilmente nel qui e ora… cosa cui tutti aspiriamo ma che pochi sono in grado di vivere.

Un bimbo nei primi anni di vita è l’espressione dell’innocenza, non ha secondi fini. E’ mosso dall’amore che vuole ricevere e che dà a piene mani.

Rapportarsi a lui implica tanto impegno e dedizione: ore e ore di attenzione e necessaria creatività.

Quindi cosa impariamo-ricordiamo di noi prendendoci cura di lui?

Possiamo ricordare la nostra dolcezza e innocenza, la nostra curiosità e passionalità, il nostro desiderio di dare e di ricevere amore, il nostro piacere e appagamento e, dulcis in fundo: la nostra creatività che non è solo appannaggio degli artisti, non è la capacità di creare opere artistiche di qualsiasi tipo. La creatività di cui parlo, per te che sei genitore, educatore o insegnante e principalmente un essere cosciente, è la capacità di trovare le risposte adeguate alla situazione che stai vivendo, e tu sai che rapportarsi ai tuoi figli o ai tuoi allievi ha bisogno costante della tua creatività.

Quindi, rapportandoci a loro, abbiamo la possibilità di percepire ciò che in noi re-agisce di fronte al loro comportamento e ciò che invece fluisce ed è armonico; in ogni caso avremmo un’esperienza e, analizzandola, o meglio vivendola coscientemente, avremmo la possibilità di esprimere chi siamo e di imparare qualcosa di noi.

Nel primo caso, per esempio, potremmo incontrare difficoltà nel far fronte a tutte le loro esigenze col risultato di percepirci incapaci o inadeguate/i di fronte a determinate difficoltà. Se questo accade mancheremmo il contatto con la nostra capacità creativa di trovare una soluzione. Ma, se portiamo l’attenzione a noi stessi e a ciò che sta accadendo a noi (frustrazione, giudizio, stanchezza, senso di colpa ecc.) abbiamo la possibilità di chiederci: cosa mi manca, quale risorsa non sto contattando?

Se facciamo questo, ti sembrerà strano, immediatamente comincerà a riattivarsi in noi la creatività che abbiamo creduto di non avere in quel momento. Aprendosi lo spazio creativo di auto-analisi, arriveranno anche le risposte necessarie a far fronte alla situazione.

Nel secondo caso, quello in cui fluiamo naturalmente con ciò che accade, percepiremmo ad esempio una profonda dolcezza e un profondo amore e glielo potremmo restituire con la stessa innocenza e totalità.

Se facciamo questo, significa che conosciamo quello spazio: noi stessi siamo dolci, innocenti, degni di amore e il nostro bambino ci sta mettendo nella condizione di ricordarlo.

Vedi: non è lui che ci insegna qualcosa, ma siamo noi che, attraverso l’esperienza che facciamo insieme a lui (sia che la consideriamo positiva o negativa) abbiamo l’opportunità di evolverci, non ricercando qualcosa là fuori o strategie di comportamento, ma ritrovando e riattivando in noi quelle stesse qualità che lui esprime liberamente e che noi abbiamo un po’ sbiadito.

Curiosità, passionalità, desiderio, piacere e appagamento, innocenza, amore incondizionato, creatività… sono tutti aspetti di una particolare qualità essenziale che chiamiamo GIOIA: la gioia di vivere e di essere noi stessi.

Ti pare poco?

Non credo.

Siamo consapevoli della nostra capacità creativa? Siamo abbastanza curiose, appassionate, innocenti?

Ma andiamo avanti: cosa può insegnarci/far emergere in noi un bimbo fra i 3 e i 7 anni?

In questa fascia di età il bambino comincia ad avere un senso di sé, sa di essere un individuo (separato dagli altri) e non è più in simbiosi totale con la madre. La sua esplorazione del mondo comincia in qualche modo a essere più strutturata e, per questo, un po’ più condizionata dal mondo esterno. Comincia a capire che ci sono delle cose permesse e altre proibite.

Desiderando l’indipendenza, che non esula dall’amore incondizionato, comincia a creare un determinato schema di comportamento, ma non per questo dimentica la propria natura originaria che lo pone al centro del proprio mondo interiore e del mondo in cui vive.

In questa fase comincia a dover scegliere fra essere se stesso o ad adeguarsi alle aspettative altrui. Tentenna fra la necessità di modificarsi e il coraggio di esprimere se stesso.

Ecco: il coraggio è una delle qualità essenziali maggiormente presente in questa fase evolutiva e che noi, rapportandoci al bambino, possiamo imparare/ricordare.

Il potere, l’essere capace di attuare qualcosa, è già esso stesso una sfumatura del coraggio ed è l’impulso primario di una qualità essenziale che chiamiamo FORZA: la forza di essere se stessi e di mostrarsi al mondo; la forza di sperimentare e di esprimere la propria grandiosità e gloria.

Il bambino esprime tutto questo liberamente: l’hai mai osservato?

Quante volte sbaglia, inciampa e cade (sia fisicamente sia metaforicamente parlando) e poi si rialza, si lecca le ferite e ci riprova fino a quando non è soddisfatto?

Tante volte, vero? L’hai fatto anche tu.

Quante volte segue le tue indicazioni e quante volte vuole fare a modo suo?

Sai bene quanto sia difficile, a volte, contenere questo impulso verso la propria autonomia, lo so benissimo perché ci sono passata anch’io.

Eppure, nonostante l’intenzione sia di dargli una direzione, il tentare di limitarlo nelle sue espressioni ed esperienze, significa anche limitarlo nell’espansione della propria forza, coraggio, autonomia, libertà e vitalità.

Cedere alle proprie paure, sostituirci a lui in qualsiasi modo, proteggerlo in ogni situazione, punirlo quando sbaglia e così via, non solo non aiuta nostro figlio/allievo a crescere indipendente ma, riguardo a noi, limita la nostra stessa espansione ed evoluzione.

Quindi, se vogliamo indirizzare nostro figlio/allievo verso la propria autonomia, dobbiamo e possiamo imparare ad attingere prima di tutto dalla nostra forza: ritrovare quell’autorevolezza autentica -contraria all’autorità- che abbiamo sperimentato anche noi in molte occasioni nella nostra vita.

Ecco, quindi, che il bambino, con il suo esprimersi -a volte contrario a noi- ci sta chiedendo di essere noi stessi autentici, coraggiosi, vitali e forti.

Attraverso loro abbiamo la possibilità di imparare/ricordare non solo un aspetto di noi potente oltre ogni limite, ma anche la necessità di riappropriarcene per essere una guida salda e giusta.

Siamo consapevoli del nostro potere autentico e autorevole, o cediamo all’essere autoritari e impositivi o, al contrario, iper protettivi e limitanti?

E andiamo avanti ancora un po’: cosa ci insegna un bambino/ragazzino fra i 7 e 14 anni?

Questa è l’età in cui la scuola e l’apprendimento intellettuale, come anche le attività sportive e artistiche, sono al centro della vita dei nostri figli e allievi.

Oltre a tutte le qualità essenziali di cui ognuno è dotato e che esprime dal primo giorno in cui è venuto al mondo, quella che maggiormente è presente (o assente) in questo periodo evolutivo è quella che infonde la giusta capacità di concentrazione e di dedizione nel raggiungere l’obiettivo desiderato: la Volontà.

Non che prima non fosse presente, anzi, ma in questa fase possiamo percepirla e vederla in lui in modo chiaro e limpido, perché è quell’aspetto essenziale che infonde la giusta fiducia in se stesso e nel mondo esterno a lui.

La Volontà è la determinazione autentica che si manifesta in presenza del piacere di compiere ciò che si è prefissato; dona chiarezza negli intenti e, sostenuta dalla Forza di cui abbiamo parlato prima, infonde la capacità di affermare la propria libertà e individualità.

Contrariamente a ciò che si pensa, la Volontà essenziale è esente dallo sforzo, anzi, è proprio l’opposto; segue la via della verità e non si cura di ciò che è giusto o sbagliato rispetto la società. Nella tradizione Sufi (da cui nasce il percorso di crescita che propongo) questa qualità viene paragonata a un guerriero impavido che insegue la verità scevra dal giudizio.

Se ti analizzi profondamente, puoi ricordare le molte volte volte in cui hai avuto quell’idea o quell’intuizione geniale e l’hai attualizzata senza curarti del giudizio altrui.

Lo ricordi? Come ti sei sentita?

Libera e potente, non è così?

Sebbene hai dovuto impegnare tutta la tua creatività e coraggio per attuarla, probabilmente non hai dovuto sforzarti ma hai seguito con determinazione il piacere di realizzarla convinta di essere nel giusto.

E’ questa dimensione che tuo figlio ti sta “insegnando”: direttamente o indirettamente, ti sta chiedendo di mostrargli cosa significhi essere in quel giusto, essere quel guerriero impavido. Direttamente o indirettamente ti sta insegnando a ricontattare in te quella fiducia e determinazione che ti servono per te stessa e per essere un autentico sostegno alla propria crescita ed evoluzione.

Ti sta chiedendo di essere quella guerriera e a insegnargli ad esserlo lui stesso.

………………………………..

Infine: cosa ci insegna un adolescente?

Hmmmmm, un adolescente è tanta roba e merita un discorso ampio ma credo che per oggi sia già abbastanza ciò che abbiamo visto.

Per cui, se ciò che ti ho illustrato ha un senso per te, se vuoi saperne di di più e sei interessata ad esplorare ulteriormente, rimani in contatto.

Se credi che questi argomenti interessino a qualche tua amica, conoscente o collega, invitala a iscriversi al nostro gruppo su fb: insieme possiamo creare un nuovo concetto di educazione volto verso l’amore e l’espansione delle qualità che abbiamo sopra accennato.

Una bacchetta magica?

Capiamo insieme dove trovarla

Ciò che maggiormente mi sta a cuore in questo periodo è l'educazione, uno dei temi più discussi nel recente periodo di quarantena.

Mi sta a cuore perché, oltre al lavoro che svolgo come Counselor, sono mamma anch'io e, come tale, ho cercato di immedesimarmi in te che sei genitore e che all'improvviso ti sei trovato a essere ancor più al centro del processo di crescita dei tuoi figli diventando, forse, il loro unico compagno di giochi, confidente e insegnante. Un salto di ruoli importante che può averti fatto vacillare.

Mi sono chiesta chi o cosa potesse aiutarti a superare momenti complicati, dubbi e incertezze e, seguendoti sui social, ho visto molte offerte di sostegno e strategie di comportamento per raggiungere l'equilibrio desiderato in quel turbinio improvviso.

Pur non giudicando tutto ciò, che in particolari momenti è un ottimo sostegno, ora, che il vortice è un po' meno accelerato, voglio condividere la mia esperienza e mettere l'accento sul fatto che non sono le strategie a creare la possibilità di un reale cambiamento.

Anch'io anni fa (ora i miei figli sono grandi) ho cercato soluzioni e ho desiderato una bacchetta magica per risolvere ciò che non sapevo affrontare e, ahimè qualcuno mi ha fatto anche credere che esistesse, così l'ho presa e usata, ma quella bacchetta non era mia: era fantastica, sì, ma non mi apparteneva e, come tutto ciò che non nasce spontaneo, la usavo maldestramente e con palese insicurezza. Qualcosa strideva in me mentre sentivo sempre di più il desiderio di trovare il modo di essere autorevole senza tradire me stessa, un modo che corrispondesse alle mie intuizioni e talenti, non a quelli di altri. Ho cominciato quindi a rivolgere l'attenzione a me come persona, più che come genitore, e le risposte sono arrivate da sole con grande naturalezza.

La soluzione ero io: la mia consapevolezza, la mia attenzione, la mia dedizione.

Oggi non sono qui per darti una bacchetta magica che non è la tua, ma per condividerti la realtà: la bacchetta magica sei tu!

Se sei genitore e vuoi essere la giusta guida per i tuoi figli, non è fuori di te che puoi trovare le risposte che cerchi, ma dentro di te diventando consapevole di chi sei, come sei, e che aspettative hai su di loro.

Chi sei oggi è il risultato di tutta la tua vita, di tutti gli insegnamenti ricevuti e dei modelli che hai seguito; di tutte le ferite e le gioie che hai vissuto; di tutte le sfide affrontate e le conquiste raggiunte, e solo tu sai quanto impegno hai messo per realizzarti.

Così sarà anche per i tuoi figli.

So che vorresti proteggerli ed evitar loro sofferenze, delusioni e qualsiasi altra difficoltà, come può essere successo a te, ma non puoi evitare che inciampino e cadano. Ciò che puoi fare è insegnare loro il coraggio, la determinazione, l’amore e la curiosità e puoi farlo solo attraverso il tuo esempio, la tua presenza e l’autentica autorevolezza.

Se vuoi un reale cambiamento, è da te che puoi cominciare.

Conoscere chi sei nella tua naturale immensità ma anche il perché agisci o reagisci in un determinato modo alle situazioni e l'influsso sostanziale che i tuoi genitori hanno avuto su di te, ti insegna come approcciare al meglio i tuoi figli e a essere per loro la guida che avresti desiderato anche per te.

Conoscere il processo di crescita che hai vissuto ti mostra quello che stanno compiendo loro rendendoti più saggio e attento: il genitore che hai sempre sognato.

Ritornando a me, posso dirti che il viaggio di auto ri-conoscenza mi ha cambiata profondamente modificando anche l’approccio che avevo come madre e verso la vita.

Quindi gambe in spalla!

La bacchetta magica è già tua: tirala fuori e usala!Se non l'hai ancora visto, qui sotto trovi un video in cui ti illustro un po' il viaggio che io stessa ho compiuto e che oggi, dopo anni di studio, di approfondimento e di lavoro con i mei clienti, voglio condividerti.

Ti invito a dargli un'occhiata (pochi minuti possono ispirati) e, se credi possa interessare a qualcuno che conosci, condividilo partecipando con me all'espansione di un'umanità nuova rivolta all'amore e alla gioia di vivere.

In questo periodo, viste le restrizioni che non permettono incontri pubblici, mi sto organizzando affinché il perCorso sia fruibile via web; nel frattempo l’ho raccolto in un libro “Pane Amore e Consapevolezza” di cui puoi leggere in anteprima le 50 pagine cliccando qui.

Cos'hanno in comune Radicamento e Resilienza?

Riflettevo sul radicamento stamattina all’alba quando dalla finestra osservavo le piante del mio giardino completamente immobili nel loro stare, luminose e maestose, tranquille.

Guardandole, mi è sorta questa considerazione: la loro compostezza e magnificenza, verticalità ed equilibrio, sono dati dal loro essere totalmente radicate.
Se non lo fossero piano piano si inclinerebbero, cadrebbero a terra e poi morirebbero.

Allora ho pensato:

Cos'è il radicamento per noi esseri umani?

Il radicamento è la capacità di stare sui propri piedi, la sensazione chiara e netta di avere un centro e una solidità intrinseca che ci fa agire con coerenza e fermezza.

Quindi mi son chiesta quali qualità dell’Essere sostengono tutto ciò, e subito ho capito che sono principalmente due:

la Volontà che attinge alla fiducia in se stessi e nelle proprie intenzioni,
la Forza che sprigiona dal coraggio di affermare chi si è in modo autentico e potente.

Quindi essere radicati significa avere fiducia e coraggio in se stessi … e questo mi pare una buona riflessione.

Quando non lo siamo, infatti re-agiamo automaticamente alle situazioni e perdiamo il nostro centro… in qualche modo viviamo come zombi e ci pieghiamo un po’ per volta per cadere infine a terra, morti, come piante abbattute.

 

Ora è passato mezzogiorno e riguardo il giardino.

C’è un bel vento e le chiome delle piante sono scosse. Nei momenti di massima potenza del vento, si piegano allo spasmo e poi ritornano su.  Wow che capacità di resilienza!

Seguendo il filo del pensiero di stamattina, ho quindi riflettuto su questo nuovo aspetto.

La resilienza pare opposta al radicamento: è forse la capacità di essere flessuosi e di adattarsi agli avvenimenti esterni, di lasciarsi colpire senza porre resistenza? Forse sì, ma c’è di più.

Cos'è la resilienza per noi?

La resilienza, per noi esseri umani, è la capacità di rispondere in modo adeguato alle situazioni senza perdere il proprio centro e integrità.

Quale qualità dell’Essere sostiene tutto ciò, mi son chiesta? Immediatamente mi è arrivata la risposta:

è la Curiosità contenuta nella Gioia Essenziale.

Sì, per essere resilienti, la prima cosa che possiamo fare è di attingere al desiderio e all’intenzione di conoscere, esplorare, sperimentare.

Solo così possiamo trovare la giusta risposta a ciò che accade dentro e intorno a noi.

Per fare ciò, però, abbiamo bisogno di essere radicati: coraggiosi e fiduciosi.

Quindi la resilienza è imprescindibile dal radicamento.
Se non ha radici forti la pianta non potrebbe ritornare sù… cadrebbe e morirebbe come detto prima.
Analogamente, se non abbiamo radicamento non possiamo trovare la giusta risposta che il momento presente esige.

Nell’essere resilienti, Forza e Coraggio, Fiducia e Creatività, si muovono simultaneamente nel sistema, si compenetrano e si fondono donando chiarezza e stabilità. Se non abbiamo radicamento non possiamo essere resilienti.

Chiaro, no?


Sei d’accordo?
Cosa pensi di queste riflessioni?
Resilienza e radicamento cosa sono per te?

Osserva la natura: lei ci insegna sempre qualche cosa.

Esplora le tue idee o convinzioni e condividi, se vuoi, le tue risposte.
Sono veramente curiosa di sapere la tua opinione.

Per approfondire vedi anche questo articolo che parla di creatività e resilienza

 

Foto di Wolfgang Engel da Pixabay

Desiderio

In questi giorni vacanzieri e lenti c’è lo spazio per riflettere, per sentire e ascoltare cosa desidero per me e da me.

Desidero avere la forza di fidarmi di ciò che provo e che sento intimamente e di avere il coraggio di comunicarlo quando in quel sentire è coinvolto qualcun altro che amo e che ho paura di perdere.

Desidero amicizie vere fatte di piacere del contatto e del dialogo autentico, soprattutto quando è scomodo ciò che accade fra di noi.

Desidero relazioni in cui ci sia scambio, sostegno reciproco e autentico rispetto invece di sottili e sotterranee strategie che a volte sfociano in competizione e sfiducia reciproca.

Desidero condividere il più possibile ciò che ho imparato dai maestri e dai compagni di viaggio e soprattutto ciò che ho appreso attraversando i miei momenti bui e sperimentando vita.

Desidero che il “tesoro” che ho trovato non rimanga nei cassetti dei miei comò, ma sia utile ad altri affinché possano partire dal punto che ho raggiunto invece che da lontano, come è successo a me.

Desidero espandere sempre di più il mio lavoro e offrirlo a chi cerca se stesso oltre i propri limiti perché, oltre al rendermi autonoma economicamente, dona un senso profondo alla mia vita e mi dà gioia. 

Desidero incontrare in altri spazi i miei genitori, inginocchiarmi di fronte a loro dicendo “grazie” e “mi spiace di non avervi apprezzato abbastanza quando ancora vivevate in mezzo a noi”.

Desidero ricchezza, prosperità e abbondanza, e non voglio vergognarmi per questo perché tutti abbiamo diritto di vivere alla grande e di godere di tutto ciò che è possibile desiderare nel rispetto di ognuno e del pianeta.

Desidero circondarmi di bellezza autentica, di colori vividi, di arte, di musica e di natura incontaminata.

Desidero addormentarmi cullata dalla semplicità di un ronron felino in un letto caldo e accogliente; e sognare imparando dai miei sogni.

Desidero la maestosità e generosità degli alberi che accolgono fauna di ogni specie mentre affondano nella terra radici forti e rigogliose; desidero la saggezza degli animali che si affidano al proprio istinto, che cacciano, sì, ma non indugiano nella cattiveria e nell’odio.

Desidero avere la compassione necessaria per accogliere anche chi percorre sentieri lontani dai miei di cui non comprendo il disegno e il risultato che si prefiggono.

Desidero canzoni a squarciagola, risate cristalline, l’amore sussurrato e, infine, il silenzio dell’appagamento e della pace.

Desidero la purezza della neve, il calore del sole e la frescura delle fronde; la lentezza dei ghiacci, la magnificenza delle montagne, il dinamismo del mare e la libertà del vento.

Desidero la dolcezza della poesia e la sua profonda capacità di toccare l’anima; la potenza di una musica sinfonica e la giocosità di una filastrocca.

Desidero quell’amore puro che ho provato abbracciando i miei figli appena nati e che ho vissuto incontrando per la prima volta me aldilà dei miei mille volti. Per questo, desidero non dimenticarmi mai di me e dell’impegno preso il giorno che, arrendendomi al maestro, cambiai nome. 

Desidero desiderare ogni cosa, ogni singola cosa che nasce spontanea nei pensieri immacolati e veri, dove il bisogno non esiste e non ha alcun senso, perché desiderare è la vita e l’amore che genera l’universo. 

Per questo desidero che il desiderio governi ancora e sempre la mia vita, e così anche la tua.Ho preparato per te una mini sessione di Respiro Circolare Consapevole Connesso in cui ti accompagno ad esplorare ed espandere il tuo desiderio.

Prenditi circa un'ora tutta per te. Clicca sul via e lasciati guidare.

Buona Meditazione!

 

Dopo averla fatta, quando hai un attimo di tempo, scrivi qua sotto la tua testimonianza.

Grazie mille e buona vita!

CounselArt
Indira Marcella Valdameri

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Operatore Olistico Trainer cod. LO371T-OP
Counselor Olistico Professional cod. LO184P-CO

Professionista disciplinata ai sensi della legge n. 4/2013

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